Filippo Bacciu - Vescovo di Ozieri

  

Bagliori di fede

La pietà della sua vita e del suo zelo, rifulse nell’organizzare anche pellegrinaggi da lui promossi e presieduti.

In un discorso tenuto nella città eterna, nella Basilica dei Santi Apostoli, rivolto ai pellegrini diocesani che gli facevano corona nella cappella del Sacramento, leggesi: «Siamo a Roma, la città eterna, città sovra ogni altra gloriosa, la città Santa: santa abitata e visitata da migliaia di confessori illustri, di vergini illibate, di penitenti austeri, santa perché consacrata da migliaia di martiri, che in essa versarono il loro sangue a difesa della fede, santa infine è Roma perché santificata dalla presenza permanente del Vicario di Gesù Cristo....

«Visitiamo i luoghi santi con viva fede, con vero spirito di pietà e devozione, uniti di mente e di cuore in questo santo pellegrinaggio.»

«Portandoci da una chiesa all’altra, rifulga in noi l’impronta della modestia e devozione che tanto si addice ai veri credenti. Meditiamo il viaggio che fece N.S.G.Cristo in questo mondo, meditiamo i sudori che spansero i santi per la propagazione della fede; meditiamo in modo speciale le catene, le prigionie, i tormenti di croce che patì in questa città il Principe degli Apostoli, cementando col suo sangue l‘edificio meraviglioso, incrollabile della chiesa.

«Si, o miei can fratelli, gli esempi di migliaia i santi che versarono il proprio sangue in questa città in difesa della fede, le ceneri loro che veneriamo nelle varie Chiese e Catacombe, siano la nobile fiam­ma che accenda nei nostri cuori un fuoco vivo di amore divino. Non dimentichiamo che siamo nella città santa. Sante quindi siano le nostre opere, sante le parole, santi i pensieri, i desideri, i propositi.

«Prostrati su queste tombe gloriose preghiamo per tutti. Il Giubileo, che moltiplica le grazie e le divine misericordie sui buoni, sia di vantaggio anche ai peccatori. Si, preghiamo per la conversione dei medesimi, che il sommo Iddio ne illumini le menti, ne irradi la tenebre dell’errore, che i traviati ritornino a Lui e lo riconoscano padre amoroso.

«Preghiamo per il trionfo della Chiesa, per l’esal­tazione della fede, per la vera pace delle nazioni, per la pace e la prosperità specialmente della nostra cara patria, preghiamo per la Sardegna, pei nostri cari, pei paesi nostri ».

Termina il suo discorso augurando al «venerando vegliardo del vaticano, il papa miracolo, Leone XIII il trionfo della Chiesa, di quella Chiesa che egli guida e governa con tanta sapienza, sorregge con tanto coraggio, edifica con tanti esempi ».

E questo augurio lo faceva anche a nome dei suoi diocesani «non secondi ad altri nell’attaccamento ed affetto alla Sua Augusta Persona»

Durante la S.Messa tutti partecipatorio al convitto eucaristico. In ognuno la rinascita prendeva forma concreta, come un fanciullo che, irradiato dal battesimo, fissa cosciente, il limpido sguardo in alto e scandisce la sua prima preghiera. Così spiritualmente preparati ed infervorati, salirono al Palazzo Apostolico ove furono ammessi a speciale udienza.

L’incontro con il Padre Comune delle anime fu fra i più commoventi: tutti e singoli essi poterono baciare la mano e ascoltare la sua augusta parola di salutane incitamento e di altissimo augurio. Questo auspicato ed incancellabile colloquio si concluse con le acclamazioni più sentite.

Ogni anno, nel bel mese di maggio, accampava alla distrutta città di Bisarcio, antica sede della diocesi di Ozieri, un foltissimo numero di pellegrini, per assistere nella chiesa monumentale di Sant’Antioco, alla solenne Messa Pontificale celebrata con l’assistenza dei Rev.mi Canonici del Capitolo dei Reverendi Beneficiati della Cattedrale.

Raccomandò caldamente ai parroci e cooperatori di divulgare la recita quotidiana del Santo Rosario in tutte le famiglie. Ricordò ad esse che «nelle case ove ogni giorno risuona il mormorio del Rosario, ivi non si udirà il frastuono straziante ed orribile delle imprecazioni, maledizioni, bestemmie e della discordia: in quelle case discenderanno copiose le benedizioni del Cielo nell’ordine spirituale e temporale»[1]

Con viva preghiera, commise alla cura dei parroci la propagazione del Terz’Ordine Francescano in ottemperanza all’Enciclica «Auspicatu» del 2 settembre 1882 - di Leone XIII e volle che il suo nome fosse inserito per primo nell’elenco dei volenterosi aderenti.

L’amore al Serafico di Assisi lo cinse del cordoglio francescano e gli diede il mordente serafico dell’apostolato.



[1] Mons. Bacciu - Pastorale

Anima veramente francescana, fu un vero modello di carità, di preghiera e di serafica dolcezza, entusiasta della bellezza del creato in cui vedeva, l’impronta divina, vide, come S.Francesco, inneggiava all’«Onnipotente bon Signore, cum tutte le creature».

Un giorno di sabato Gesù entra nella Sinagoga, sale sull’ambone, apre il libro del profeta Isaia e legge queste parole: «Lo Spirito del Signore è sopra di me: mi ha consacrato per annunziare ai poveri la buona novella; mi ha mandato a sanare i contrasti di cuore, a promulgare ai prigionieri la loro libera­zione e la vista ai ciechi; a rimandare liberi gli oppressi, ad annunziare il tempo di grazia del Signore». Poi chiuse il libro e rivolto agli ebrei che tengono fissi in lui gli sguardi, esclama: « Oggi si e compiuta questa parola della scrittura davanti a voi».[1]

Effettivamente anche la missione di Mons. Baccin sulla sua diocesi, fu missione di bontà e di luce. Anch’egli passava in mezzo ai suoi diocesani spargendo con generosità le sue beneficenze, comunicando le sue virtù, recando agli smarriti ed ammalati la vita spirituale che è amore e beatitudine. Anch’egli per opera dello Spirito del Signore portò a compimento molte delle sue attività evangeliche.



[1] San Luca – Vangelo IV, 18.

                                                
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